Canapa e bioplastica, un connubio che fa rima con ambiente

Plastica e rifiuti, un binomio che porta alla mente effetti nefasti sull’ambiente e la salute di tutti gli esseri viventi. Eppure tale concezione potrebbe radicalmente e rapidamente cambiare grazie alla canapa. Dagli scarti di questa pianta, infatti, è possibile creare bioplastiche dal tempo di biodegradabilità clamorosamente più rapido di quello delle plastiche convenzionali figlie del petrolio.

Questa idea era già balenata nella mente di Paul Benhaim (creatore della Hemp Plastic Company) all’inizio del nuovo Millennio, ma la legislazione degli USA sfavorevole alla canapa e i costi eccessivi avevano frenato il progetto. Con l’approvazione del Farm Bill il panorama è cambiato completamente e la possibilità di produrre materia prima su vasta scala renderà i costi decisamente più contenuti e il prodotto più appetibile per i clienti. Ma non è solo oltreoceano che si ragiona su questo argomento.

Il genio italico, infatti, ha già partorito un’idea simile: dalla Sicilia arriva Kanesis, una startup fondata da Giovanni Milazzo e Antonio Caruso, che spera di rivoluzionare il mercato delle plastiche grazie all’invenzione dell’Hempbioplastic, un composto che sta già diventando il concorrente più agguerrito dell’acido polilattico (o PLA), il principale componente delle bioplastiche attualmente in uso, e che trova facile utilizzo nelle stampe 3D, con possibilità concrete di soppiantare le plastiche convenzionali in tutti i processi industriali grazie a modifiche minime, ed economiche, dei macchinari, ed un impiego, in un futuro molto prossimo, di composti simili negli imballaggi e nei biocarburanti, per una economia circolare a 360 gradi.

E non è tutto. Il nome MinervBiorecovery alla stragrande maggioranza delle persone comuni non dirà assolutamente nulla eppure si tratta di qualcosa di davvero rivoluzionario nel campo della tutela del mare. Si tratta di un bioplastica ideata dalla Bio-on, azienda italiana delle bioplastiche in piena espansione, in collaborazione con il CNR di Messina, che dell’oceanografia fa il suo marchio di fabbrica, in grado, letteralmente, di “pulire” il mare dagli sversamenti petroliferi in meno di un mese: basterà gettare nel tratto di mare inquinato delle micro polveri di MinervBiorecovery e lasciare che i batteri naturalmente presenti nell’ecosistema marino vi si stanzino all’interno.

Ciò creerà uno stato poroso che nutrirà e rafforzerà le colonie batteriche finché questi ultimi non cominceranno a “mangiarsi” il petrolio. In meno di un mese non rimarrà alcuna traccia dello sversamento né della micro polvere e ciò permetterà di utilizzare questo sistema anche per la pulizia dei porti e delle raffinerie.

Come è evidente, le bioplastiche sono perfettamente in grado di sostituire il petrolio e i suoi derivati, e la canapa sarà parte fondamentale di questo processo. E la parola “rifiuto”, sarà presto relegata in un cassetto, insieme ad altre espressioni e parole desuete o estinte.

[Foto: Bo Eide | Public domain]