Canapa e bioedilizia: la sostenibilità che sostiene

Nel corso dell’evoluzione le specie animali hanno sempre cercato un rifugio sicuro: sia esso un anfratto tra le rocce o un nido in un luogo inaccessibile ai predatori. L’Uomo non fa eccezione e nel corso dei millenni ha creato centinaia di edifici utilizzando i materiali più vari: all’inizio erano semplici rami, poi sostituiti da mattoni di fango o muri di solida pietra, fino a giungere a complesse strutture in acciaio. Tra tutti, però, spicca un protagonista dell’edilizia tanto efficiente quanto inaspettato: la canapa.

Recenti studi, infatti, hanno riportato in auge quanto già si sapeva secoli fa: la canapa era un ottimo componente per le costruzioni ed usarla nella malta ne migliorava la qualità. Nel Terzo Millennio, ovviamente, non ci si è fermati a questo, ma si è scoperto che con la canapa si possono creare mattoni leggeri ma resistentissimi (ottimi per costruire in zone ad alta sismicità), che permettono un eccellente isolamento termico ed acustico, non vengono attaccati da parassiti, proteggono dall’umidità e addirittura riducono le emissioni di anidride carbonica. E, dulcis in fundo, resistono agli incendi.

Mischiando questi mattoni con la calce in dosi variabili si possono ottenere composti per costruire, sostenere o isolare un edificio. Si pensi che la produzione di questi materiali riesca ad assorbire CO2 dall’ambiente invece di emetterne e che lo smaltimento non richieda tecnologie particolari, anzi possono essere riutilizzati semplicemente impastandoli di nuovo.

Sono innumerevoli gli sviluppi in questo ambito, con strutture erette con questi materiali che si moltiplicano in ogni dove, oramai non più come semplici esperimenti di architetti bizzarri ma come seria alternativa all’edilizia tradizionale: in Italia il primo edificio è datato 2009 nell’Emilia-Romagna, tuttora abitato e perfettamente integro, comodo ed efficiente, nonostante il terremoto del 2012. In Australia è stato persino realizzato un supporto per le traversine dei binari delle ferrovie così resistente da durare più dei limiti temporali di legge e anche una casa che si può costruire con una stampante 3D.

Tutto ciò ha un solo possibile interprete, la canapa, e sarà compito di tutte le parti in causa, dallo Stato ai produttori passando per l’industria, non gettare alle ortiche un così importante cambio di paradigma solo per assecondare un proibizionismo che non ha alcuna ragion d’essere.

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