Carta di canapa, calamaio e penna!

Antonio Gramsci, Gioacchino Rossini e gli immaginari fratelli Caponi. Cosa hanno in comune questi personaggi all’apparenza così lontani tra loro? La carta. Senza la carta, infatti, nessuno di loro avrebbe potuto dare al mondo il suo contributo, sia esso una profonda analisi politica e sociale, una raffinata produzione musicale o una strampalata lettera cinematografica.

La produzione di documenti scritti delinea il confine tra preistoria e Storia, trasmette il sapere attraverso i secoli e stimola l’immaginazione del lettore.

Eppure la produzione della carta è uno dei processi industriali più impattanti e inquinanti, a partire dall’inquinamento idrico da mercurio delle cartiere sino alla deforestazione, con conseguente rischio idrogeologico, o allo sbiancamento della cellulosa.

Come in tanti altri ambiti, anche in questo caso la canapa ci mette lo zampino: esistono testimonianze storiche, dall’Estremo Oriente al Mondo Arabo sino all’Europa, di come la canapa venisse usata per produrre carta.

Dai tempi più antichi fino alla metà dell’Ottocento, la carta veniva prodotta a partire dagli stracci, che, per l’appunto, erano fatti perlopiù di canapa. Con la Rivoluzione Industriale, la quantità di stracci non riusciva a coprire la domanda di carta e si puntò, quindi, sulla cellulosa.

Con i nuovi mezzi di produzione, lavorazione e ottimizzazione, la produzione di carta 100% fatta di canapa è finalmente possibile e a costi più che concorrenziali: la facilità di crescita della pianta, l’assenza di uso di pesticidi e la sua elevatissima resa aiutano un processo industriale di questo tipo. Le fibre possono essere lavorate con un ridotto utilizzo della chimica e, quando questa viene utilizzata, è il caso dello sbiancamento, si può ricorrere a sostanze relativamente innocue e a bassissimo dosaggio, perché la fibra di canapa è già di colore bianco.

Cionnonostante solo una modestissima parte della carta mondiale viene prodotta con la canapa, soprattutto in Cina, a causa di regolamentazioni che ne proibiscono la produzione, causando uno scarso approvvigionamento di materia prima, con conseguente produzione a singhiozzo e a costi troppo elevati per i parametri di mercato.

A Fabriano, località celebre per le sue storiche e secolari cartiere, si sta ricominciando a pensare ad utilizzare la canapa per produrre carta; quel che manca è una vera filiera che vada dalla coltivazione della pianta, alla sua lavorazione per poi giungere ai suoi derivati. Il comune di Fabriano e il mastro cartaio Sandro Tiberi stanno lavorando al progetto e non è affatto detto che rimangano soli nel percorrere questa strada, che porta verso la sostenibilità, il lavoro e l’ambiente.

La canapa e la carta sembra proprio che continueranno a fare compagnia all’uomo per molti secoli ancora e tutti potranno lasciare ad essa ricordi e pensieri di una vita.

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